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Linux fa un uso più efficace dell'hardware del PC rispetto a quanto ne fanno MS-DOS, Windows o NT, e per questo motivo è meno tollerante verso hardware mal configurato. Ci sono alcune cose che si possono fare prima di cominciare per ridurre le possibilità di essere bloccati da uno di questi problemi.
Per prima cosa, si raccolga qualsiasi manuale che si ha del proprio hardware (scheda madre, scheda video, monitor, modem, ecc.) e li si metta in un posto facile da raggiungere.
Secondo, si raccolgano informazioni dettagliate sulla propria configurazione hardware. Un modo semplice per farlo, se si usa MS-DOS 5.0 o superiore, è di stampare un rapporto dalla utilità di diagnostica Microsoft mcd.exe (si possono lasciar perdere le parti relative ai TSR, ai driver, alla mappa della memoria, alle stringhe d'ambiente e alla versione del sistema operativo). Tra le altre cose, ciò garantirà informazioni complete e corrette sulla propria scheda video e sul tipo di mouse, che saranno utili nella successiva configurazione di X.
Terzo, si controlli la propria macchina per vedere se ci sono problemi di configurazione con l'hardware supportato che potrebbero causare un blocco irrecuperabile durante l'installazione di Linux.
Se possibile, ci si procuri il numero di telefono di un utente Linux esperto che si possa chiamare in caso di emergenza. Nove volte su dieci non ce ne sarà bisogno, ma dà sicurezza averlo.
Si tenga conto del tempo per l'installazione. Ci vorranno circa una, due ore su un normale sistema per avere un sistema Linux completamente funzionante. Anche più di tre ore per un sistema dual-boot (hanno una maggiore incidenza di false partenze e blocchi).
(Questo passo è necessario solo se non si può fare il boot da un CD-ROM).
Il proprio CD-ROM di Linux potrebbe contenere un programma d'aiuto che
vi guiderà attraverso il processo di creazione dei dischetti di boot,
di root e rescue attraverso dei prompt interattivi. Potrebbe essere
un programma di installazione MS-DOS (come il programma
redhat.exe
della Red Hat), uno script Unix o entrambi.
Se si ha uno di questi programmi e lo si può usare, si dovrebbe leggere il seguito di questa sotto sezione solo a titolo informativo. Si esegua il programma per fare la reale installazione: il suo autore certamente conosceva meglio di me la distribuzione specifica.
Per informazioni più dettagliate sulla creazione dei dischetti di boot, si veda il Linux Bootdisk HOWTO http://www.linuxdoc.org/HOWTO/Bootdisk-HOWTO.html.
Il primo passo sarà di scegliere un'immagine del dischetto di boot che vada bene con il proprio hardware. Se lo si deve fare a mano, generalmente si troverà che o (a) le immagini dei dischi di boot nel proprio CD-ROM sono chiamate in modo tale da aiutare a scegliere quello corretto oppure (b) c'è un file indice lì in zona che descrive ogni immagine.
Poi si devono creare i dischetti dall'immagine di boot scelta e opzionalmente dalle immagini dei dischetti di ripristino. Qui è dove entra il gioco il programma MS-DOS RAWRITE.EXE.
Si devono avere due o tre dischetti formattati per MS-DOS ad alta densità (devono essere dello stesso tipo; ovvero, se il proprio lettore di dischetti è un lettore da 3.5", tutti i dischetti devono essere dischetti da 3.5" ad alta densità). Si userà RAWRITE.EXE per scrivere le immagini dei dischetti di boot nei floppy.
Lo si lanci senza argomenti, in questo modo:
C:\> RAWRITE
Si risponda alle richieste per il nome del file da scrivere e del
floppy in cui scrivere (come ad esempio A:
). RAWRITE copierà il
file, blocco a blocco, direttamente nel dischetto. Si usi RAWRITE
anche per l'immagine del disco di root (come ad esempio COLOR144).
Quando lo si è fatto, si hanno due dischetti: uno contenente il
dischetto di boot, l'altro quello di root. Si noti che questi due
dischetti non saranno più leggibili da MS-DOS (in un certo senso, sono
dischetti ``formattati per Linux'').
In un sistema UNIX si può usare il comando dd(1) per fare la stessa cosa (per farlo, serve una workstation UNIX dotata di floppy, ovviamente). Per esempio, su una workstation Sun con il lettore di dischetti nel device /dev/rfd0, si può usare il comando:
$ dd if=bare of=/dev/rfd0 obs=18k
Su alcune workstation si deve fornire l'argomento relativo alla dimensioni dei blocchi d'uscita ('l'argomento `obs') appropriato, altrimenti non funzionerà. Se si hanno problemi, la pagina man di dd(1) può essere d'aiuto.
Ci si assicuri di usare dischetti nuovi e senza errori. I dischetti non devono contenere blocchi rovinati (bad block).
Si noti che non serve far girare Linux o MS-DOS per poter installare Linux. Comunque, l'uso di Linux o MS-DOS rende più facile la creazione dei dischetti di boot e root dal proprio CD-ROM. Se non si ha un sistema operativo nella propria macchina, si può usare Linux o MS-DOS di qualcun'altro solo per le operazioni di creazione i dischetti, e poi usarli per l'installazione sulla propria macchina.
In molti sistemi, il disco fisso ha già partizioni dedicate a MS-DOS, OS/2, ecc. Si deve cambiare la dimensione di queste partizioni per poter far spazio a Linux. Se si intende creare un sistema dual-boot, è fortemente raccomandata la lettura di uno o più dei seguenti mini-HOWTO, che descrivono diverse configurazioni dual-boot.
Anche se non direttamente applicabili al proprio sistema, aiuteranno a capire le problematiche coinvolte.
NOTA: Alcuni Linux si installeranno in una directory sulla partizione MS-DOS (questa cosa è diversa dall'installazione da una partizione MS-DOS). In questo caso si usa il ``filesystem UMSDOS'', che permette di trattare una directory della partizione MS-DOS come un filesystem Linux. In questo modo, non si deve ripartizionare il proprio disco.
Suggerisco di usare questo metodo solo se il proprio disco ha già quattro partizioni (il numero massimo supportato dal DOS) e ripartizionarlo sarebbe troppo problematico (però il proprio sistema Linux sarà più lento a causa del lavoro addizionale necessario per la traduzione dei nomi dei file). Oppure, se si vuole provare Linux prima di ripartizionare, questo è un buon modo per farlo. Ma nella maggior parte dei casi di dovrebbe ripartizionare, come descritto qui. Se si intende usare UMSDOS, occorre arrangiarsi, non verrà qui documentato in dettaglio. D'ora in poi, si assume di NON usare UMSDOS e che quindi si effettuerà la ripartizione.
Una partizione è semplicemente una sezione del disco fisso messa da parte per l'uso con un particolare sistema operativo. Se si ha solamente MS-DOS, il proprio disco fisso probabilmente ha solamente una partizione, dedicata interamente a MS-DOS. Per usare Linux, comunque, sarà necessario ripartizionare il disco, in modo da avere una partizione per MS-DOS e una (o più) per Linux.
Le partizioni si dividono in tre tipi: primaria, estesa e logica. Brevemente, le partizioni primarie sono le quattro partizioni principali del disco. Comunque, se si vogliono avere più di quattro partizioni per disco, si deve rimpiazzare l'ultima partizione primaria con una partizione estesa, che può contenere molte partizioni logiche. Non si immagazzinano i dati direttamente in una partizione estesa: è usata solo come contenitore per le partizioni logiche. I dati sono immagazzinati solamente in partizioni primarie oppure in partizioni logiche.
Per metterla in un altro modo, molti usano solo partizioni primarie. Comunque, se servono più di quattro partizioni su un disco, si crea una partizione estesa. Le partizioni logiche sono poi create sopra la partizione estesa, ed ecco fatto: più di quattro partizioni per disco.
Si noti che si può facilmente installare Linux sul secondo disco nel
proprio sistema (noto come D:
a MS-DOS). Semplicemente si
specifichi il nome di device appropriato quando si creano le partizioni
Linux. Ciò è descritto in dettaglio nel seguito.
Torniamo al ripartizionamento del disco. Un tempo non c'era alcun modo di ridimensionare le partizioni senza distruggere i dati presenti. Di questi tempi sono disponibili delle utilità di partizionamento che possono ridimensionare in maniera non distruttiva; conoscono la struttura dei filesystem, possono trovare lo spazio libero nel filesystem e possono spostare i dati dei file in giro per la partizione per spostare lo spazio libero dove necessario per poter effettuare correttamente il ridimensionamento. È ancora suggerito di fare un backup completo prima di usare uno di questi strumenti, in caso di errore del programma o umano.
Sotto Linux GNU parted permette di creare, distruggere, ridimensionare e copiare partizioni. Supporta i filesystem ext2, FAT16 e FAT32 e i dispositivi di swap di Linux; supporta anche le etichette per i dischi MS-DOS. Parted è utile per fare spazio per nuovi sistemi operativi, riorganizzare l'uso del disco, copiare dati tra dischi fissi e creare immagini di dischi. È un programma relativamente nuovo, ma si dice funzioni bene e non rovini i dati.
Sotto MS-DOS esiste un ripartizionatore non distruttivo di dischi chiamato FIPS. Si veda a http://metalab.unc.edu/pub/Linux/system/install. Con FIPS, un ottimizzatore di disco (come il Norton Speed Disk) e un po' di fortuna, si dovrebbe essere in grado di ridimensionare partizioni MS-DOS senza distruggere i dati presenti.
Il metodo più vecchio per ridimensionare una partizione, se non si ha uno di questi strumenti di ridimensionamento delle partizioni, è di cancellare la partizione (o le partizioni) e di ricrearle di dimensione minore. Se si usa questo metodo, si deve assolutamente fare una copia di backup per poter salvare i propri dati.
Il modo classico per modificare le partizioni è con il programam FDISK. Per esempio, facciamo il caso di avere un disco fisso da 80 mega, dedicato a MS-DOS. Vorremo dividerlo in due: 40 mega per MS-DOS e 40 mega per Linux. Per farlo, si lanci FDISK sotto MS-DOS, si cancelli la partizione da 80 mega e si ricrei una partizione MS-DOS da 40 mega al suo posto. Si può poi riformattare la nuova partizione e reinstallare il proprio software MS-DOS dai backup. 40 megabyte del disco sono lasciati vuoti. Più tardi, si creino le partizioni Linux nella porzione non utilizzata del disco.
In breve, si dovranno fare le seguenti cose per ridimensionare partizioni MS-DOS con FDISK:
FORMAT /S A:
FDISK.EXE
e FORMAT.COM
in questo
dischetto, oltre alle altre utilità di cui si ha bisogno (per esempio,
le utilità per ripristinare i dati dal backup).C:
o D:
).FORMAT
.Si noti che FDISK di MS-DOS offrirà l'opzione di creare un ``disco logico DOS''. Un disco logico DOS è semplicemente una partizione logica nel disco fisso. Si può installare Linux in una partizione logica, ma non si deve creare quella partizione logica con l'FDISK di MS-DOS. Quindi, se attualmente si usa un disco logico DOS e si vuole installare Linux al suo posto, si dovrebbe cancellare il disco logico con l'FDSIK di MS-DOS, e (più tardi) creare una partizione logica per Linux al suo posto.
Il meccanismo usato per ripartizionare per OS/2 e altri sistemi operativi è simile. Si veda la documentazione di questi sistemi operativi per i dettagli.
Dopo aver ripartizionato il proprio disco, è necessario creare partizioni per Linux. Prima di descrivere come farlo, si parlerà delle partizioni e dei filesystem sotto Linux.
Linux richiede almeno una partizione, per il filesystem di root, che conterrà il kernel di Linux.
Si può pensare a un filesystem come a una partizione formattata per Linux. I filesystem sono usati per contenere i file. Ogni sistema deve avere almeno un filesystem di root. Comunque, molti utenti preferiscono usare diversi filesystem: uno per ogni parte principale dell'albero delle directory. Per esempio, si può voler creare un filesystem separato per contenere tutti i file sotto la directory /usr (si noti che nei sistemi UNIX, per delimitare le directory viene usata la barra diritta (`/') e non la barra inversa (`\')). In questo caso si ha sia un filesystem di root che un filesystem per /usr.
Ogni filesystem richiede una sua partizione. Quindi se si usa sia un filesystem di root che uno per /usr, sarà necessario creare due partizioni Linux.
Inoltre, molti utenti creano una partizione di swap, usata come RAM virtuale. Se si hanno, diciamo, 4 mega di memoria nella propria macchina e una partizione di swap da 10 megabyte, per quanto riguarda Linux si hanno 14 megabyte di memoria virtuale.
Quando usa lo spazio di swap, Linux sposta la pagine di memoria inutilizzate nel disco, permettendo così di eseguire contemporaneamente più applicazioni nel sistema. Comunque, poiché tale operazione spesso è lenta, non è un rimpiazzo per della vera memoria RAM. Ma le applicazioni che richiedono grosse quantità di memoria (come il sistema X Window) spesso fanno affidamento sulla swap se non si ha abbastanza RAM fisica.
Praticamente tutti gli utenti di Linux impiegano una partizione di swap. Se si hanno 4 mega di RAM o meno, è richiesta una partizione di swap per installare il software. Una partizione di swap è fortemente raccomandata comunque, a meno di non avere una grande quantità di RAM fisica.
La dimensione della partizione di swap dipende da quanta memoria virtuale serve. Spesso viene suggerito di avere in totale almeno 16 megabyte di memoria virtuale. Quindi, se già si hanno 8 mega di RAM fisica, si vorrà creare una partizione di swap da 8 mega. Si noti che le partizioni di swap non possono essere più grandi di 128 megabyte. Quindi, se sono necessari più di 128 mega di swap, si devono creare più partizioni di swap. Si possono avere in tutto 16 partizioni di swap.
Si possono trovare maggiori informazioni sulla teoria della disposizione dello spazio di swap e del partizionamento del disco nel Linux Partition mini-HOWTO, http://www.linuxdoc.org/HOWTO/mini/Partition.html.
Nota: in un sistema dual-boot è possibile, attraverso un piccolo trucco, condividere le partizioni di swap tra Linux e Windows 95. Per i dettagli si veda il Linux Swap Space Mini-HOWTO, ftp://metalab.unc.edu/pub/Linux/docs/HOWTO/unmaintained/mini/Swap-Space.
Tranello #1: se si ha un disco EIDE con una partizione che supera i 504MB, il BIOS potrebbe non permettere di fare il boot del Linux lì installato. Quindi si mantenga la propria partizione di root sotto i 504MB. Questo non dovrebbe essere un problema per i controller dei dischi SCSI, che normalmente hanno il proprio BIOS firmware. Per i dettagli tecnici, si veda il Large Disk Mini-HOWTO, http://www.linuxdoc.org/HOWTO/mini/Large-Disk.html.
Tranello #2: Si stanno mischiando dischi IDE e SCSI? Allora attenzione. Il BIOS potrebbe non permettere il boot direttamente da un disco SCSI.
Oltre alle partizioni di root e swap, si vorranno impostare una o più partizioni per contenere il proprio software e home directory.
Mentre, in teoria, si potrebbe far funzionare tutto in una unica grossa partizione di root, praticamente nessuno lo fa. L'avere più partizioni ha diversi vantaggi:
Nei grossi dischi ora disponibili, una buona configurazione di base è di avere un piccola partizione di root (meno di 80 mega), una partizione /usr di medie dimensioni (fino a 300 mega) per contenere il software di sistema e una partizione /home che occupa il resto dello spazio disponibile per le home directory.
Si possono fare anche cose più elaborate. Se si sa che si faranno girare le news Usenet, per esempio, si può voler riservare una partizione solo per le news per poter così controllare la massima utilizzazione del disco. O creare una partizione /var per posta, news e file temporanei. Ma nel regime odierno di dischi poco costosi e molto grandi queste complicazioni appaiono sempre meno necessarie per la prima installazione di Linux. Specie la prima volta, si cerchi di mantenere le cose semplici.
Il primo passo è di fare il boot dal dischetto di avvio che si è generato. Normalmente si sarà in grado di fare il boot senza toccare niente; il prompt di boot del kernel si riempirà da solo dopo 10 secondi. Così è come solitamente si farà il boot da un disco IDE.
Quel che realmente succede è questo: il dischetto di boot fornisce un sistema operativo in miniatura che (poiché il disco fisso non è ancora stato preparato) usa una porzione della RAM disponibile come disco virtuale (chiamato, abbastanza logicamente, un `ramdisk').
Il dischetto di boot carica nel ramdisk un piccolo insieme di file e strumenti di installazione che più tardi si userà per preparare il disco fisso e installarci un Linux utilizzabile dal CD-ROM.
(In passato questo era un processo a due stadi, nel quale veniva utilizzato anche un secondo disco, detto `dischetto di root' (root disk); ciò è cambiato quando sono stati introdotti i moduli del kernel).
Specificando un argomento dopo il nome del kernel, si possono specificare, prima di avviare il kernel di Linux, diversi parametri hardware, come l'IRQ e l'indirizzo del proprio controller SCSI o la geometria del disco. Ciò può essere necessario, per esempio, se Linux non rileva il controller SCSI o la geometria del disco.
In particolare, molti controller SCSI senza BIOS richiedono che si specifichi un indirizzo di porta e un IRQ all'avvio. Analogamente, le macchine IBM PS/1, ThinkPad e ValuePoint non salvano la geometria del disco nel CMOS e quindi deve essere specificata all'avvio (più tardi, si sarà in grado di configurare il sistema in modo che fornisca da solo questi parametri).
Si presti attenzione ai messaggi durante l'avvio del sistema. Elencheranno e descriveranno l'hardware che rileva la propria installazione di Linux. In particolare, se si ha un controller SCSI, si dovrebbe vedere un elenco degli host SCSI rilevati. Se si vede il messaggio:
SCSI: 0 hosts
allora non è stato rilevato alcun controller SCSI e a questo punto non c'è modo di dire al kernel dove sta.
Inoltre, il sistema mostrerà informazioni sulle partizioni del disco e sui dispositivi rilevati. Se manca qualcuna di queste informazioni oppure non è corretta si deve forzare il rilevamento dell'hardware.
D'altra parte, se tutto va bene e sembra che il proprio hardware sia stato rilevato, si può passare direttamente alla sezione seguente, ``Usare il dischetto di root''.
Per forzare il rilevamento dell'hardware, si devono inserire i parametri appositi al prompt di boot, usando la seguente sintassi:
linux <parametri...>
Sono disponibili diversi parametri di questo tipo; nel seguito un elenco di alcuni dei più comuni. I dischetti di boot moderni di Linux spesso offrono la possibilità di vedere, prima di fare il boot, una schermata d'aiuto che descrive alcuni parametri del kernel.
linux hd=683,16,32
linux tmc8xx=0xca000,5
Si noti che deve essere usato il prefisso 0x per tutti i
valori specificati in esadecimale. Ciò è vero anche per tutte le
opzioni seguenti.
Se si hanno domande su queste opzioni d'avvio, invito a leggere il Linux SCSI HOWTO, che dovrebbe essere disponibile su qualsiasi archivio FTP di Linux (o da dove si è ottenuto questo documento). Lo SCSI HOWTO illustra la compatibilità SCSI di Linux in maggior dettaglio.
I vecchi Linux (tra cui Slackware) a questo punto presentavano il prompt di una shell e chiedevano di inserire, in un ordine prestabilito, i comandi di installazione. Ciò è ancora possibile, ma quelli più nuovi partono lanciando un programma di installazione ``orientato allo schermo'' che prova a guidare interattivamente attraverso i vari passi, offrendo pure un sacco di aiuto in linea.
Probabilmente verrà offerta l'opzione di provare a configurare X adesso cosicché il programma di installazione possa andare in grafica. Se si sceglie questa strada, il programma di installazione farà domande sul tipo di mouse e monitor posseduti prima di procedere nell'installazione. Una volta installato Linux, queste impostazioni saranno salvate. Più avanti si sarà in grado di regolare le prestazioni del proprio monitor, mentre a questo punto conviene impostare una semplice modalità SVGA 640x480.
X non è necessario per l'installazione, ma (ammesso si sia superata la configurazione del mouse e del monitor) molti trovano l'interfaccia grafica più semplice da usare. E poiché prima o poi sicuramente si dovrà configurare X, provare adesso non è una cattiva idea.
Si seguano semplicemente le istruzioni nel programma. Vi porterà attraverso i passi necessari per preparare il disco, creare account iniziali per gli utenti e installare i pacchetti software dal CD-ROM.
Nelle sottosezioni che seguono si descriveranno alcune delle aree più macchinose della sequenza di installazione come se le si facesse a mano. Ciò dovrebbe aiutare a capire cosa sta facendo il programma di installazione e perché lo fa.
fdisk
e cfdisk
Il primo passo dell'installazione una volta avviato il dischetto di root di Linux sarà creare o modificare le tavole delle partizioni nei propri dischi. Anche se prima si è usato FDISK per impostare le partizioni, ora si dovrà rimettere mano alla tabella delle partizioni e inserire alcune informazioni specifiche per Linux.
Per creare o modificare partizioni Linux, useremo la versione Linux
del programma fdisk
, o il suo fratello orientato allo schermo
cfdisk
.
Generalmente il programma di installazione cercherà una tabella di
partizioni preesistente e offrirà di eseguire su di essa fdisk
o
cfdisk
. Dei due, cfdisk
è sicuramente più facile da usare,
ma la versioni correnti sono pure meno tolleranti nel caso di tabelle
delle partizioni non esistenti o alterate.
Quindi può capitare (specialmente se si sta installando su
dell'hardware vergine) che sia necessario avviare fdisk
per
portarsi ad uno stato che cfdisk
può gestire. Si provi a lanciare
cfdisk
; se si lagna, si lanci fdisk
(un buon modo per
procedere se si sta costruendo un sistema con solo Linux e cfdisk
si lagna, è di usare fdisk
per cancellare tutte le partizioni
esistenti e poi lanciare cfdisk
per modificare la tavola vuota).
Alcune note che si applicano sia a fdisk
che a cfdisk
.
Entrambi accettato un argomento che è il nome del disco nel quale si
vuole creare una partizione Linux. I nomi di device dei dischi fissi
sono:
Per esempio, per creare partizioni Linux su primo disco SCSI nel proprio sistema, si userà (oppure il proprio programma di installazione potrebbe generarlo da una scelta in un menu) il comando:
cfdisk /dev/sda
Se si usa fdisk
o cfdisk
senza un argomento, assumeranno
/dev/hda.
Per creare partizioni Linux sul secondo disco del proprio sistema,
semplicemente si specifichi /dev/hdb (per dischi IDE) oppure
/dev/sdb (per dischi SCSI) quando si esegue fdisk
.
Le partizioni Linux non devono trovarsi necessariamente tutte nello stesso disco.
È possibile creare, per esempio, una partizione per il filesystem di
root su /dev/hda e una di swap su /dev/hdb. Per
poterlo fare semplicemente si esegua fdisk
o cfdisk
su
ciascun disco.
Sotto Linux alle partizioni è dato un nome a seconda del disco al quale appartengono. Per esempio, la prima partizione sul disco /dev/hda è /dev/hda1, la seconda è /dev/hda2 e così via. Se si ha una qualsiasi partizione logica, questa è numerata a partire da /dev/hda5, /dev/hda6 e così via.
NOTA: Con fdisk
o cfdisk
di Linux non si dovrebbero
creare o cancellare partizioni per sistemi operativi diversi da
Linux. Ovvero, non si creino o si cancellino partizioni MS-DOS con
questa versione di fdisk
; si usi invece la versione MS-DOS di
FDISK
. Se si prova a creare partizioni MS-DOS con l'fdisk
di Linux, è possibile che MS-DOS non riconosca la partizioni e non si
avvii correttamente.
Ecco qui un esempio d'uso di fdisk
. Qui, c'è una sola
partizione MS-DOS che usa 61693 blocchi sul disco e il resto del disco
è libero per Linux (sotto Linux un blocco è 1024 byte, quindi 61693
blocchi sono circa 61 megabyte). Si creeranno solo due partizioni in
questo esempio, una di swap e l'altra di root. Probabilmente si
dovrebbe estendere il tutto a quattro partizioni Linux, in linea con le
raccomandazioni di prima: una per la swap, una per il filesystem di
root, una per il software di sistema e un'area per le home directory.
Per prima cosa, si usi il comando ``p
'' per vedere la tabella
delle partizioni corrente. Come si può vedere, /dev/hda1 (la
prima partizione su /dev/hda) è una partizione DOS di 61693
blocchi.
Command (m for help): p
Disk /dev/hda: 16 heads, 38 sectors, 683 cylinders
Units = cylinders of 608 * 512 bytes
Device Boot Begin Start End Blocks Id System
/dev/hda1 * 1 1 203 61693 6 DOS 16-bit >=32M
Command (m for help):
Poi, si usi il comando ``n
'' per creare una nuova partizione. La
partizione Linux sarà di 80 mega.
Command (m for help): n
Command action
e extended
p primary partition (1-4)
p
Qui è stato chiesto se si voleva creare una partizione estesa o primaria. Nella maggior parte dei casi si vorranno usare partizioni primarie, a meno che non si abbia bisogno di più di quattro partizioni su un disco. Si veda la precedente sezione ``Ripartizionamento'' per maggiori informazioni.
Partition number (1-4): 2
First cylinder (204-683): 204
Last cylinder or +size or +sizeM or +sizeK (204-683): +80M
Il primo cilindro dovrà essere il primo cilindro libero DOPO la fine dell'ultima partizione. In questo caso, /dev/hda1 termina sul cilindro 203, quindi la nuova partizione deve iniziare al cilindro 204.
Come si vede, si è usata la notazione ``+80M
'', che specifica una
partizione da 80 mega. Analogamente la notazione ``+80K
''
specifica una partizione da 80 kylobyte e ``+80
'' specifica una
partizione di soli 80 byte.
Warning: Linux cannot currently use 33090 sectors of this partition
Se si vede questo avviso, lo si può ignorare. È il rimasuglio di una vecchia restrizione che imponeva che i filesystem di Linux non potevano superare la dimensione di 64 mega. Comunque, con i tipi di filesystem più recenti, non è più il caso di preoccuparsi... le partizioni possono ora essere grandi sino a 4 terabyte.
Si crei poi la partizione di swap da 10 mega, /dev/hda3.
Command (m for help): n
Command action
e extended
p primary partition (1-4)
p
Partition number (1-4): 3
First cylinder (474-683): 474
Last cylinder or +size or +sizeM or +sizeK (474-683): +10M
Ancora, si veda il contenuto delle tabella delle partizioni. Ci si assicuri di trascrivere da qualche parte le informazioni, specialmente la dimensione di ogni partizione in blocchi. Queste informazioni serviranno più tardi.
Command (m for help): p
Disk /dev/hda: 16 heads, 38 sectors, 683 cylinders
Units = cylinders of 608 * 512 bytes
Device Boot Begin Start End Blocks Id System
/dev/hda1 * 1 1 203 61693 6 DOS 16-bit >=32M
/dev/hda2 204 204 473 82080 83 Linux native
/dev/hda3 474 474 507 10336 83 Linux native
Si noti che la partizione di swap di Linux (la /dev/hda3) è
di tipo ``Linux native''. È necessario cambiare il tipo della
partizione di swap a ``Linux swap'' cosicché il programma di
installazione la riconosca come tale. Per farlo, si usi il comando
``t
'' di fdisk
:
Command (m for help): t
Partition number (1-4): 3
Hex code (type L to list codes): 82
Se si usa ``L
'' per elencare i codici dei tipi, si vedrà che 82 è
il tipo corrispondente a Linux swap.
Per uscire da fdisk
e salvare le modifiche nella tabella delle
partizioni, si usi il comando ``w
''. Per uscire da fdisk
SENZA salvare le modifiche, si usi il comando ``q
''.
Dopo essere usciti da fdisk
, il sistema potrebbe chiedere di
riavviare per assicurarsi che le modifiche abbiano effetto. In genere
non c'è ragione per riavviare dopo aver usato fdisk
: le versioni
moderne di fdisk
e cfdisk
sono abbastanza sveglie da
aggiornare le partizioni senza che sia necessario riavviare.
Dopo aver modificato le tabelle delle partizioni, il proprio programma di installazione dovrebbe darci un'occhiata e offrirsi di abilitare la partizione di swap. Si risponda di sì (viene chiesto, invece di farlo automaticamente, nel caso si abbia un sistema dual-boot e una delle proprie partizioni non Linux assomigli accidentalmente a una zona di swap).
Successivamente il programma chiederà di associare nomi di filesystem (come /, /usr, /var, /tmp, /home, /home2, ecc.) con ognuna delle partizioni non di swap che si intende usare.
C'è solo una regola veloce e rigida in tutto questo. Ci deve essere un filesystem di root, chiamato /, e dev'essere avviabile. Le altre partizioni di Linux le si può chiamare come si vuole. Ma ci sono alcune convenzioni sui nomi che probabilmente vi semplificheranno la vita più tardi.
In precedenza si è raccomandata un'impostazione basilare con tre partizioni: una piccola root, una partizione di medie dimensioni per il software di sistema e una grossa partizione per le home. Tradizionalmente, queste sarebbero chiamate /, /usr e /home. Il controintuitivo nome `/usr' ha le sue ragioni storiche dai giorni in cui i sistemi Unix (molto più piccoli) mettevano il software di sistema e le home directory degli utenti in un unica partizione. Il funzionamento di buona parte del software dipende da questi nomi.
Se si ha più di un area per le home directory, è convenzione chiamarle /home, /home2, /home3, ecc. Questo può accadere se si ha più di un disco fisico. Nel mio sistema personale, per esempio, la struttura del filesystem appare così:
Filesystem 1024-blocks Used Available Capacity Mounted on
/dev/sda1 30719 22337 6796 77% /
/dev/sda3 595663 327608 237284 58% /usr
/dev/sda4 1371370 1174 1299336 0% /home
/dev/sdb1 1000949 643108 306130 68% /home2
Il secondo disco (sdb1) non è realmente dedicato completamente a /home2; non sono mostrate le partizioni di swap di sda e sdb. Ma si può vedere che /home è la più grande area libera su sda e /home2 è l'area utente di sdb.
Se si vuole creare una partizione per l'area di scratch, spool, per i file temporanei, le mail e le news, la si chiami /var. Altrimenti, si può creare /usr/var e creare un link simbolico chiamato /var che ci punti (il programma di installazione potrebbe offrirsi di farlo).
Una volta create le partizioni, il resto dell'installazione dovrebbe essere praticamente automatico. Il proprio programma di installazione (che sia in EGA o X) guiderà attraverso una serie di menu che permettono di specificare il CD-ROM dal quale installare, la partizione da usare e così via.
Qui non si entrerà nello specifico di questo stadio di installazione. È una delle parti che varia di più tra le diverse distribuzioni di Linux (tradizionalmente i rivenditori competono per aggiungere valore a questa fase), ma è anche la parte più semplice. E i programmi di installazione sono molto ben documentati e con utili schermate di aiuto.
Dopo che l'installazione è completa, e se tutto è andato bene, il programma di installazione vi porterà attraverso alcune scelte per configurare il sistema in vista del suo primo avvio da disco fisso.
LILO (che significa ``LInux LOader'') è un programma che consente di avviare Linux (e gli altri sistemi operativi, come MS-DOS) dal vostro disco rigido.
Può darsi che il programma di installazione chieda di installare LILO sul disco rigido. A meno che non si usi OS/2, si risponda di sì. OS/2 ha delle esigenze particolari, vedi Configurazione personalizzata di LILO.
Installare LILO come loader primario rende inutile l'uso di un dischetto di avvio: ad ogni avvio è possibile dire a LILO quale sistema operativo lanciare.
Si può anche avere la possibilità di creare un ``dischetto di avvio standard'' da usare per avviare il sistema Linux appena installato (questo è un metodo vecchio e non molto comodo, che assume che normalmente si avvii il DOS, e si usi il dischetto di avvio per entrare in Linux).
Per questo sarà chiesto un dischetto ad alta densità vuoto e formattato per MS-DOS dello stesso tipo che si usa per fare il boot del sistema. Semplicemente si inserisca il dischetto quando chiesto e sarà creato un dischetto di avvio (non è lo stesso usato per l'installazione e i due non possono essere sostituiti l'uno all'altro!).
La procedura di post-installazione può anche portare attraverso diversi menu che permettono di configurare il proprio sistema. Questi permettono di specificare il device del proprio modem e del mouse, il fuso orario, ecc. Si seguano le opzioni dei menu.
Può essere chiesto anche di creare account utente o di specificare una password per l'account di root (l'amministratore). Non sono cose complicate e si possono semplicemente seguire le istruzioni a video.
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