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Il titolo è in realtà solo un modo complicato per dire che cercherò di descrivere l'intera enchilada della memoria virtuale (VM), sperando di farlo in una maniera che chiunque possa seguire. Nell'ultimo anno mi sono concentrato su un certo numero di sottosistemi principali del kernel in FreeBSD, trovando quelli della VM (la memoria virtuale) e dello Swap i più interessanti, e considerando quello di NFS “un lavoretto necessario”. Ho riscritto solo piccole porzioni di quel codice. Nell'arena della VM la sola grossa riscrittura che ho affrontato è stata quella del sottosistema di swap. La maggior parte del mio lavoro è stato di pulizia e mantenimento, con solo alcune moderate riscritture di codice e nessuna correzione rilevante a livello algoritmico nel sottosistema della VM. Il nocciolo della base teorica del sottosistema rimane immutato ed un bel po' del merito per gli sforzi di modernizzazione negli ultimi anni appartiene a John Dyson e David Greenman. Poiché non sono uno storico come Kirk non tenterò di marcare tutte le varie caratteristiche con i nomi delle relative persone, perché sbaglierei invariabilmente.
Traduzione a cura di Gabriele Renzi <surrender_it@yahoo.it>
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Prima di andare avanti con la descrizione del progetto effettivo della VM spendiamo un po' di tempo sulla necessità di mantenere e modernizzare una qualunque base di codice longeva. Nel mondo della programmazione, gli algoritmi tendono ad essere più importanti del codice ed è dovuto alle radici accademiche di BSD che si è prestata grande attenzione alla progettazione algoritmica sin dal principio. Una maggiore attenzione al design in genere conduce ad una base di codice flessibile e pulita che può essere modificata abbastanza semplicemente, estesa, o rimpiazzata nel tempo. Mentre BSD viene considerato un sistema operativo “vecchio” da alcune persone, quelli di noi che lavorano su di esso tendono a considerarlo come una base di codice “matura” che ha vari componenti modificati, estesi, o rimpiazzati con codice moderno. Questa si è evoluta, e FreeBSD è all'avanguardia, non importa quanto possa essere vecchio qualche pezzo di codice. Questa è una distinzione importante da fare ed una di quelle che sfortunatamente sfuggono alla maggior parte delle persone. Il più grande errore che un programmatore possa fare è non imparare dalla storia, e questo è precisamente l'errore che molti sistemi operativi moderni hanno commesso. Windows NT® è il miglior esempio di questo, e le conseguenze sono state disastrose. Anche Linux commette questo errore a un certo livello--abbastanza perché noi appassionati di BSD possiamo scherzarci su ogni tanto, comunque. Il problema di Linux è semplicemente la mancanza di esperienza e di una storia con la quale confrontare le idee, un problema che sta venendo affrontato rapidamente dalla comunità Linux nello stesso modo in cui è stato affrontato da quella BSD--con il continuo sviluppo di codice. La gente di Windows NT, d'altro canto, fa ripetutamente gli stessi errori risolti da UNIX® decadi fa e poi impiega anni nel risolverli. E poi li rifanno, ancora, e ancora. Soffrono di un preoccupante caso di “non è stato progettato qui” e di “abbiamo sempre ragione perché il nostro dipartimento marketing dice così”. Io ho pochissima tolleranza per chiunque non impari dalla storia.
La maggior parte dell'apparente complessità di progettazione di FreeBSD, specialmente nel sottosistema VM/Swap, è una conseguenza diretta dell'aver dovuto risolvere importanti problemi di prestazioni legati a varie condizioni. Questi problemi non sono dovuti a cattivi progetti algoritmici ma sorgono invece da fattori ambientali. In ogni paragone diretto tra piattaforme, questi problemi diventano più evidenti quando le risorse di sistema cominciano ad essere stressate. Mentre descrivo il sottosistema VM/Swap di FreeBSD il lettore dovrebbe sempre tenere a mente almeno due punti. Primo, l'aspetto più importante nel design prestazionale è ciò che è noto come “Ottimizzazione del Percorso Critico”. Accade spesso che le ottimizzazioni prestazionali aggiungano un po di impurità al codice per far migliorare il percorso critico. Secondo, un progetto solido e generalizzato, funziona meglio di un progetto pesantemente ottimizzato, alla lunga. Mentre un progetto generale può alla fin fine essere più lento di un sistema pesantemente ottimizzato quando vengono implementati inizialmente, il progetto generalizzato tende ad essere più semplice da adattare alle condizioni variabili mentre quello pesantemente ottimizzato finisce per dover essere gettato via. Ogni base di codice che dovrà sopravvivere ed essere mantenibile per anni deve dunque essere progettata con attenzione fin dall'inizio anche se questo può portare a piccoli peggioramenti nelle prestazioni. Vent'anni fa c'era ancora gente che sosteneva che programmare in assembly era meglio che programmare in linguaggi di alto livello, perché si poteva produrre codice che era dieci volte più veloce. Oggi, la fallacia di tale argomento è ovvia--così come i paralleli con il design algoritmico e la generalizzazione del codice.
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